*** *** ***
Andersen, n. 298, dicembre 2012
Italia povera, povera Italia
Quel genio di Massimo Bucchi
E’
uscito da poche settimane in libreria un libro particolare dal titolo Italia povera. Fatti, contraddizioni, orrori
della nostra storia. Un saggio in immagini (il Saggiatore, 120 immagini, Prefazione
di Gianni Mura, Euro 13). L’autore è Massimo Bucchi, vignettista geniale che da
anni regala sorrisi spiazzanti, e imprescindibili spunti di riflessione, dalle
pagine di Repubblica.
Andersen vuole
rendere omaggio a Bucchi, collaboratore storico della rivista, evidenziando l’importanza
di un volume distante dal mondo dell’infanzia eppure utile ai cittadini
desiderosi di affinare la capacità di analisi della realtà.
In
Italia povera la storia italiana scorre
attraverso una sequenza di immagini che non consentono di edulcorare la realtà
politica, sociale e culturale del nostro paese. Le vignette di Bucchi sono
servite una dietro l’altra per comporre un ritratto acuto e arguto della
biografia peninsulare. Ne scaturisce una strepitosa carrellata di perle dell’illustrazione,
soppesate dal filtro del pensiero: dentro a ogni singolo componimento si
intravede il filo rosso della coscienza critica tipica di un grande
intellettuale.
Dice
bene Gianni Mura nella prefazione “Non è un caso che Repubblica abbia pubblicato e continui a pubblicare Bucchi nella
pagina dei commenti. E’ giusto, perché si tratta di editoriali sotto altra
veste”. I nomi scelti per le due rubriche più note, La finestra sul cortile e Sottovuoto,
evocano già il peso e la portata delle illustrazioni di Massimo Bucchi. Quando
non sono stimoli rivolti alle menti dormienti, si tratta di veri e propri
missili d’intelligenza che colpiscono al cuore il problema, tagliando fuori le
visioni più rassicuranti. L’ironia nel suo lavoro si mescola ai giochi di
parole, talvolta espliciti e facili da cogliere al primo sguardo, altre volte
permeati di allusioni meno immediate. Quasi sempre le sue vignette riescono a risvegliare
la memoria sui fatti storici e sulle incongruenze politiche del “bel paese”, qui
provocatoriamente rinominato Il Babel
paese (cfr. la terza illustrazione, a pagina 17) nello scenario
apocalittico di uno schianto aereo sulla torre di Babele, con chiaro rimando alla
tragedia dell’11 settembre. Dicono di lui che sia pessimista, alcuni
giornalisti della carta stampata lo dipingono, senza mezzi termini, come un sovversivo.
Intendersi sulle definizioni non è mai facile. Se discostarsi dalla banalità
dei luoghi comuni, prendendo le distanze dalla retorica e dall’ipocrisia, equivale
a sovvertire un ordine convenzionale, allora l’idea che l’arte di Bucchi
rientri nella categoria del sovversivo
va accolta. Sarebbe tuttavia preferibile ricordare l’alto valore della
riflessione morale presente sullo sfondo delle sue illustrazioni piuttosto che
colmare ansie definitorie improprie dei linguaggi artistici. Massimo Bucchi non
suscita mai indifferenza: chi lo ama lo segue in modo quasi fideistico; chi non
riesce a seguirlo lo ritiene snob e impopolare. Del resto, quando non si voglia
cadere nella trappola della popolarità ad ogni costo, il rischio di essere tacciati
di snobismo va messo in conto fin dal principio. Senza che ciò scalfisca, in
alcun modo, la portata geniale della creatività espressiva.
[Recensioni particolari di Valeria Salmon]
Nessun commento:
Posta un commento