domenica 8 marzo 2015

L'otto di marzo



La festa della donna mi ha sempre creato discreto disagio. 
Anche quand'ero bambina non mi riusciva di capire per quale sciocca ragione ci fossero esseri umani convinti dell'inferiorità di metà abbondante della specie di appartenenza.
E che la colpa della presunta inferiorità ricadesse proprio sulla metà capace del sommo miracolo della procreazione mi pareva pura follia.
La misoginia è una forma di delirio che colpisce esclusivamente l'animale umano e credo la dica lunga sulla cosiddetta superiorità dell'intelligenza umana.
La misoginia nell'epoca della sua riproducibilità tecnica mira all'efficienza seriale, quindi punta a mettere a segno il maggior numero di colpi sferrati.
Ecco perché ci sono tante storie maledette che si ripetono ogni giorno in modo sempre identico a se stesso.
Noi umani, in realtà, siamo soltanto dei bizzarri scimmioni oscillanti tra le più grandi potenzialità creative e la demenzialità fuori controllo: siamo perciò gli unici in grado di pianificare violenze e discriminazioni inaudite.
Vorrei tanto che l'umanità avesse voglia di valorizzare il magico incontro tra l'universo femminile e il mondo maschile.
Mi piacerebbe che l'8 marzo si leggesse e si imparasse a memoria il Simposio di Platone.
Sarebbe un regalo per l'intera umanità e ci consentirebbe un giorno di fare a meno di questa festa carica di disagio, rigonfia di retorica e di ipocrisia, basata su simbologie per nulla chiare.

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