giovedì 8 novembre 2012

Io e te


Io e te. Come potrò dire a mio padre che ho paura?


Bello il cinema che non ha paura di sprofondare nel sottosuolo per narrare il terrore del vivere.
Bellissimo l'intreccio di colori, penombre, improvvisi di luce.
Bernardo Bertolucci, sulle orme del racconto di formazione di Niccolò Ammaniti, ci prende per mano con gentilezza poetica, mosso dal desiderio di condividere le sequenze gettate dal suo sguardo tra i meandri della psiche umana.
Ci sono fasi della vita dominate dalla assenza assordante di domani luminosi.
Ci sono dolori figli dell'odio altrui, sofferenze indicibili, sconosciute ai linguaggi dell'amore.
Capita che i sogni dei piccoli siano uccisi con largo anticipo dall'incuria dei grandi.
Succede che il cinismo precipiti, indiscriminatamente, sulla sacralità dell'esistenza in divenire.
Eppure la vita insiste nella necessità di dirsi presente all'appello immaginario del giorno per giorno, dell'ora per ora, del qui e adesso. 
Il ricorso alle pillole di quotidianità rassicurante si respira col latte materno.
Fioriscono domande destinate a incrociare le tenebre del nulla.
Papà dov'è?
Per quale motivo ha rinchiuso i suoi sensi di colpa nello scatolone che porta il mio nome?
Come può continuare a vivere mentre noi sprofondiamo nelle sabbie mobili della sua cantina?
Io e te. Io e te. 
Il sangue sa essere crudele, viene voglia di strozzare le vene, si rischia di impazzire, si scoppia di parole negate.
La tua coscienza mi annega dentro.
Grido forte, a tempo di musica spaziale.
Mi inietto la tua rabbia.
Vomito il tuo dolore.
Sprofondo, come hai fatto tu di fronte alle nascite senza coraggio.
Io e te. Io e te.
Fratello, sorella.
La madre e il suo doppio.
Non c'è abbandono che non lasci traccia.
Come potremo dire a nostro padre che abbiamo paura?

"Gli arcobaleni di altri mondi
hanno colori che non so
Lungo i ruscelli di altri mondi
nascono fiori che non ho"
[Intermezzo - Tutti morimmo a stento, Fabrizio De André - 1970]




sabato 27 ottobre 2012

Siamo tutti in pericolo?


Il pensiero magico in assenza di note

Nella "situazione"


Siamo nel 1975.
Siamo a Roma.
E' il 1° novembre quando, sul far della sera, Pier Paolo Pasolini si fa intervistare da Furio Colombo.
L'ultima intervista della sua vita, l'ultima intervista che ci resta di PPP prima che fosse brutalmente trucidato in circostanze coperte da cento segreti (di Stato e non), nella tragica notte di domenica 2 novembre '75.
L'intervista è integrale, tuttavia risulta incompiuta poiché PPP esplicitò al suo intervistatore la volontà di apporre alcune note per limare le sbavature assolutistiche e gli comunicò il desiderio di scrivere, per la mattina seguente, una dignitosa conclusione.
Mai si sarebbe potuta immaginare conclusione più terribile di sapere il suo corpo martoriato da una violenza inaudita, morto ammazzato con le ossa spappolate, con la carne dissanguata.
La "situazione" della agghiacciante notte tra il 1° e il 2 novembre 1975 sembra già essere contenuta - come un presagio inspiegabile, come un'aporia - nelle prime righe dell'intervista.

L'effetto del sole che attraversa la polvere

Come un presagio, come un'aporia



Furio Colombo

SIAMO TUTTI IN PERICOLO


Questa intervista ha avuto luogo sabato 1° novembre, fra le quattro e le sei del pomeriggio, poche ore prima che Pasolini venisse assassinato. Voglio precisare che il titolo dell'incontro che appare in questa pagina è suo, non è mio. Infatti alla fine della conversazione che spesso, come in passato, ci ha trovati con persuasioni e punti di vista diversi, gli ho chiesto se voleva dare un titolo alla sua intervista. Ci ha pensato un po', ha detto che non aveva importanza, ha cambiato discorso, poi qualcosa ci ha portati sull'argomento di fondo che appare continuamente nelle risposte che seguono. "Ecco il seme, il senso di tutto - ha detto - Tu non sai neanche chi adesso sta pensando di ucciderti. Metti questo titolo, se vuoi Perché siamo tutti in pericolo".

Pasolini, tu hai dato nei tuoi articoli e nei tuoi scritti, molte versioni di ciò che detesti. Hai aperto una lotta, da solo, contro tante cose, istituzioni, persuasioni, persone, poteri. Per rendere meno complicato il discorso io dirò "la situazione", e tu sai che intendo parlare della scena contro cui, in generale ti batti. Ora ti faccio questa obiezione. La "situazione" con tutti i mali che tu dici, contiene tutto ciò che ti consente di essere Pasolini. Voglio dire: tuo è il merito e il talento. Ma gli strumenti? Gli strumenti sono della "situazione". Editoria, cinema, organizzazione, persino gli oggetti. Mettiamo che il tuo sia un pensiero magico. Fai un gesto e tutto scompare. Tutto ciò che detesti. E tu? Tu non resteresti solo e senza mezzi? Intendo mezzi espressivi, intendo...

Sì, ho capito. Ma io non solo lo tento, quel pensiero magico, ma ci credo. Non in senso medianico. Ma perché so che battendo sempre sullo stesso chiodo può persino crollare una casa. In piccolo un buon esempio ce lo danno i radicali, quattro gatti che arrivano a smuovere la coscienza di un Paese (e tu sai che non sono sempre d'accordo con loro, ma proprio adesso sto per partire, per andare al loro congresso). In grande l'esempio ce lo dà la storia. Il rifiuto è sempre stato un gesto essenziale. I santi, gli eremiti, ma anche gli intellettuali. I pochi che hanno fatto la storia sono quelli che hanno detto di no, mica i cortigiani e gli assistenti dei cardinali. Il rifiuto per funzionare deve essere grande, non piccolo, totale, non su questo o quel punto, "assurdo" non di buon senso. Eichmann, caro mio, aveva una quantità di buon senso. Che cosa gli è mancato? Gli è mancato di dire no su, in cima, al principio, quando quel che faceva era solo ordinaria amministrazione, burocrazia. Magari avrà anche detto agli amici, a me quell'Himmler non mi piace mica tanto. Avrà mormorato, come si mormora nelle case editrici, nei giornali, nel sottogoverno e alla televisione. Oppure si sarà anche ribellato perché questo o quel treno si fermava, una volta al giorno per i bisogni e il pane e acqua dei deportati quando sarebbero state più funzionali o più economiche due fermate. Ma non ha mai inceppato la macchina. Allora i discorsi sono tre. Qual è, come tu dici, "la situazione", e perché si dovrebbe fermarla o distruggerla. E in che modo.

Ecco, descrivi allora la "situazione". Tu sai benissimo che i tuoi interventi e il tuo linguaggio hanno un po' l'effetto del sole che attraversa la polvere. E' un'immagine bella ma si può anche vedere (o capire) poco.

Grazie per l'immagine del sole. ma io pretendo molto di meno. Pretendo che tu ti guardi intorno e che ti accorga della tragedia. Qual è la tragedia? La tragedia è che non ci sono più esseri umani, ci sono tante macchine che sbattono l'una contro l'altra. E noi, gli intellettuali, prendiamo l'orario ferroviario dell'anno scorso, o di dieci anni prima e poi diciamo: ma strano, ma questi due treni non passano di lì, e come mai sono andati a fracassarsi in quel modo? O il macchinista è impazzito o è un criminale isolato o c'è un complotto. Sopratutto il complotto ci fa delirare. Ci libera da tutto il peso di confrontarci da soli con la verità. Che bello se mentre siamo qui a parlare qualcuno in cantina sta facendo i piani per farci fuori, E' facile, è semplice, è la resistenza. Noi perderemo alcuni compagni e poi ci organizzeremo e faremo fuori loro, o un po' per uno, ti pare? Eh lo so che quando trasmettono in televisione Parigi brucia tutti sono lì con le lacrime agli occhi e una voglia matta che la storia si ripeta, bella, pulita (un frutto del tempo è che "lava" le cose, come la facciata delle case). Semplice, io di qua, tu di là. Non scherziamo sul sangue, il dolore, la fatica che anche allora la gente ha pagato per "scegliere". Quando stai con la faccia schiacciata contro quell'ora, quel minuto della storia, scegliere è sempre una tragedia. Però, ammettiamolo, era più semplice. Il fascista di Salò, il nazista delle SS, l'uomo normale, con l'aiuto del coraggio e della coscienza, riesce a respingerlo, anche dalla sua vita interiore (dove la rivoluzione sempre comincia). Ma adesso no. Uno ti viene incontro vestito da amico, è gentile, garbato, e "collabora", (mettiamo alla televisione) sia per campare sia perché non è mica un delitto. L'altro - o gli altri, i gruppi - ti vengono incontro o addosso con i loro ricatti ideologici, con le loro ammonizioni, le loro prediche, i loro anatemi e tu senti che sono anche minacce. Sfilano con bandiere e con slogan, ma che cosa li separa dal "potere"?

mercoledì 17 ottobre 2012



Vertigini

Suoni indelebili
ascoltano
la eco permanente
di vecchie stanze 
con umori frastagliati

Il possibile dà le vertigini

Passo dispari
abbi cura della traccia
che rintraccia
l'istanza di parità
in assenza di rabbia

L'impossibile è sgradito alla verità

Contorsioni lievi
tratteggiano le geografie
del presente
beata l'ignoranza
del segno di un non-senso

La probabilità sa accadere

Ti presento il presente
colui che ama sfugge
dorme sul fondo
riposa il respiro
dove presto sospirerà

L'evanescenza evapora da sé

Due vele
due viandanti
vagabondi di mare
due ruote spaesate
scivolano nella terra asciutta

Il tempo contempla spazi temporali



venerdì 12 ottobre 2012



Indossavo la fierezza degli Indiani d'America



Il primo costume in maschera che ricordo di aver indossato risale a quando avevo 3 anni e mi trovavo a Cambridge, in Massachusetts, a una festa di Halloween. Lo aveva cucito mia madre con avanzi di stoffa di panno celeste e rosa, era uno splendore, mi sentivo perfettamente a mio agio.
Poi giunse il triste periodo in cui mi propinavano orribili travestimenti da damina dell'Ottocento e il mio disagio raggiungeva livelli inenarrabili.
Cominciai allora a insistere con mia madre per allargare il ventaglio delle possibilità, spostai la questione sul piano a lei più affine (quello ideologico).
Inaugurai l'era dei travestimenti da Sioux.
Mi facevo le trecce, mi incorniciavo il volto con un sacco di piume colorate, andavo a caccia di pantaloni e stivaletti scamosciati, mi presentavo alle feste con tanto di arco e frecce.
Indossavo la fierezza degli indiani d'America.
I bambini travestiti da nordisti (compreso mio fratello) mi lanciavano sguardi misti di ammirazione e di invidia, tutti indistintamente volevano impossessarsi del mio arco.

giovedì 4 ottobre 2012

La dura vita dei personaggi a loro insaputa



La cruda realtà della vita a propria insaputa


Poveracci, dev'esser dura la vita a propria insaputa, richiede una dose di coraggio inusuale.
Tu pensi di essere sfrattato e ti immedesimi nella parte di quello senza fissa dimora e, zac, ti tocca rassegnarti in un batter d'occhio all'idea di possedere un attico nel centro di Roma.
Tu pensi di essere disoccupata, sei colta da crisi depressive incontrollate e, zac, di colpo ti ritrovi a scoprire il peso del tuo status di lavoratrice dipendente e, udite udite, senza che nessuno si sia preso la briga di informarti.
E' veramente crudele la vita con i nuovi personaggi a loro insaputa.
Credono di essere in un posto mentre in realtà sono da tutt'altra parte o dappertutto o in nessun luogo.
Soffrono di crisi di identità da far invidia ai casi clinici affetti da disturbo di personalità bipolare.
Avrebbero bisogno di cure costanti per affrontare una realtà quotidiana talmente imprevedibile da generare nella loro psiche, proprio a causa dell'instabilità esistenziale, attacchi di panico a ripetizione.
Eppure - eppure a ben guardarli - chissà perché hanno un aspetto così raggiante rassicurante convincente vincente suadente ammiccante sogghignante...
Sarà per via della fatica di dissimulazione costante della reale condizione di indigenza che costoro si ritrovano ridotti così, spezzati dentro, miseramente costretti a indossare una maschera, frantumati dalla crudezza del vivere?

domenica 16 settembre 2012

La misoginia, 16 dvd e l'aggressività femminile



Cosa c'è da dire sui 16 dvd dedicati alla Psicologia da La Repubblica-L'Espresso prima ancora di comprarli


Sarà un caso ma non ho potuto fare a meno di notare che, dei 16 dvd dedicati alla Psicologia da La Repubblica-L'Espresso, solo 2 sono curati da donne (Sesso e Famiglia, vien da sorridere) e 14 da uomini.
Sarebbe ora di smetterla con l'ipocrisia delle pari opportunità.
Mentre scorrevo i nomi dei curatori mi sono venute in mente in una manciata di secondi almeno 4 studiose italiane di livello da ottimo a eccellente, grandi esperte degli argomenti in questione: Tilde Giani GallinoSilvia Vegetti Finzi, Simona ArgentieriMarina Valcarenghi
Ma c'è anche Anna Oliverio Ferraris e ce ne sono molte altre. 
Io non avrei mai comprato la Psicologia in dvd poiché da molti anni studio questi argomenti per formazione, per lavoro, per interesse personale.
Trovo però che l'assenza del mondo della ricerca al femminile sia di per sé indicativo della parzialità di quest'operazione editoriale (già discutibile in sé) e soprattutto dei grandi limiti dell'epoca nella quale viviamo.
Perciò, per fare un esempio tra i tanti a disposizione, sono certa a priori che valga molto di più la lettura dello splendido testo di Marina Valcarenghi L'aggressività femminile che il dispendioso acquisto dei 16 dvd in uscita in edicola.
Leggere, meditare, ponderare la questione è fondamentale per riequilibrare le proporzioni, per non escludere ciò che va compreso, per integrare la visione del mondo.
La parità non esiste: ciò che vive è impari in natura e, quando riguardi le cose umane, lo è anche per cultura. 
Se l'universo maschile continua a rifiutare l'idea di abbracciare quello femminile, e viceversa, ci precluderemo tutti eternamente la possibilità di godere in modo reciproco delle nostre diversità.
E' pur vero che finche sono solo le donne a leggere libri come questo, o come il best-seller Donne che corrono coi lupi, sarà molto difficile assistere a un'inversione di tendenza.

sabato 15 settembre 2012

La felicità intorno alle cinque del mattino







Esser contenti di svegliarsi
alle cinque del mattino
in barca in mezzo al mare
per godersi lo spettacolo
del sole che spunta

da dietro le Apuane.
La felicità prima dell'alba, eccola.

Pietà di Kim Ki-Duk



Leone d'oro, Mostra del cinema di Venezia 2012


C'è sempre da imparare dal cinema di Kim Ki-Dukanche (soprattutto?) quando l'incalzare della crudezza narrativa adombra la vena ironica.
Il filo conduttore della sua opera - il rapporto tra il sadismo e la poesia nei passaggi da Oriente a Occidente - è intatto.
Dal punto di vista estetico Pietà rasenta la perfezione stilistica: puro trionfo della bellezza disarmante.
Di questi tempi, è un mezzo miracolo.
Sebbene questa non sia un'opera adatta a tutti, come del resto non lo è la maggioranza dei film d'autore dei registi orientali, il Leone d'oro è il giusto premio per uno dei più grandi maestri del cinema contemporaneo.

martedì 28 agosto 2012

Il paradosso di nome Maddalena



Un commerciante della zona mi dice che ho tanto (troppo!) coraggio a esser diventata amica dell'attore genovese-siciliano più premiato degli ultimi anni. 
Considerato il personaggio in questione la raccomandazione è comprensibile. 
Tuttavia, dopo cinque anni di vita vissuta nella terra di nessuno denominata Maddalena, continuo a non comprendere con quale coraggio gli abitanti, i commercianti, le amministrazioni locali e i politicanti possano continuare a negare a oltranza la vera tragedia radicata tra le antichissime pietre di questi vicoli.
Il paradosso rasenta il ridicolo.
E la differenza del livello di rischio è data dal fatto che il premuroso commerciante si può permettere di urlarmi scherzosamente in piazza che sono coraggiosa/mezza matta, mentre della questione centrale nessuna persona sana di mente qui si azzarderebbe mai a parlarne neppure in privato.
Tutti dimentichi del principio fondamentale che nulla dovrebbe mettere più paura agli umani della creazione di un tabù.

giovedì 19 luglio 2012

Genova 19 luglio 2001




La memoria non può avere solo vocazione tragica

11 anni fa a Genova si svolse una delle più belle feste di piazza di tutta la storia di battaglie civili del nostro paese. Un fiume coloratissimo di cittadini provenienti da tutti i continenti arrivarono in Piazza Carignano per unirsi ai migranti decisi a manifestare per i loro diritti primari.
I genovesi a centinaia si affacciarono dalle finestre per applaudire, per dimostrare la loro partecipazione all'idea che un mondo migliore fosse davvero possibile.
Alcuni mollarono tutto per unirsi alla festa, fatta di musica e di voglia di ballare.
Quello spirito non fu minimamente intaccato dal clima di violenza inscenato nei giorni precedenti: i blindati, le centinaia di containers minacciosi, la presenza snervante degli elicotteri, i vari proclami di guerra lanciati da più parti, non bastarono a scalfire di un millimetro le forze umane più costruttive.
Ricordare la manifestazione dei migranti del 19 luglio 2001 è fondamentale.
La memoria non può avere solo vocazione tragica.
Genova e il mondo dovrebbero saper ricordare anche quella festa meravigliosa.

giovedì 7 giugno 2012

Titoli per giocare 4



Gioco del rimescolamento dei titoli
sul far dell'estate


ll castello dei destini incrociati, Italo Calvino
Yoga, Giorgio Renato Franci
Ufficio di scollocamento, Simone Perotti e Paolo Ermani
Viaggio in Sardegna, Michela Murgia
Il Tempo e l'Altro, Emmanuel Levinas


Filastrocca di giugno

Viaggio di scollocamento dei destini incrociati
Il castello in Sardegna
L'altro ufficio e il tempo Yoga

domenica 27 maggio 2012

Sogni e metamorfosi



Ci sono notti di sogni più realistici della realtà.
Immagini e incontri e dialoghi, corredati da espressioni di rabbia o dubitative, che fanno invidia alle migliori sceneggiature.
La potenza della atmosfere oniriche può condizionare l'umore, riuscendo in parte a destabilizzare lo scorrere delle ore diurne.
Metamorfosi dell'inconscio si rispecchiano nella coscienza per interrogarla.
Stati sobri d'incoscienza si alternano all'ubriachezza della ragione.
Chi sono oggi?
Chi sono stata ieri?
Chi sarò domani?
Sono ciò che divengo.
Sono stata quel che ho potuto divenire.
Diverrò figlia del cerchio fatato delle metamorfosi.
Sarò la fata delle mie intenzioni.





sabato 5 maggio 2012

Titoli per giocare 3



Appuntamento primaverile con i titoli per giocare.
Dalle pile di libri sparsi ovunque, ne emergono 7 


Lo scherzo, Milan Kundera
Bambini nel tempo, Ian McEwan
Non buttiamoci giù, Nick Hornby
L'umiliazione, Philip Roth
L'Italia e i suoi tre stati, Massimo L. Salvadori
Invito a una decapitazione, Vladimir Nabokov
I sognautori, Stefano Lanuzza


Ecco la filastrocca del rimescolamento

Invito l'Italia e i suoi sognautori a una non umiliazione
la decapitazione nel tempo e giù i tre stati
bambini 
buttiamoci lo scherzo

venerdì 20 aprile 2012

CoscienzAcritica?


Condivido a pieno e ringrazio David Bidussa per la chiarezza dell'argomentazione nel suo articolo
E' possibile scrivere la storia delle stragi dell'Italia degli anni '70?
del quale suggerisco l'attenta lettura
Lo ringrazio soprattutto dopo aver letto l'instant book 43 anni di Adriano Sofri e dopo aver visto il film Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana.
Confesso che in questi giorni sono parecchio disorientata. 
Confesso di essere anche addolorata dall'aver appreso cose che non sapevo e mai avrei immaginato. 
Mi riferisco, in particolare, agli stretti rapporti che legarono gli Anarchici milanesi a loschi individui sedicenti mussoliniani e palesemente fascisti. 
Avevo 3 anni nel '69. 
L'unico modo a disposizione per comprendere il clima di quel periodo è stato leggere tutto quel che trovavo, vedere e rivedere le puntate de La notte della Repubblica di Sergio Zavoli, assistere a dibattiti e interviste, cercare di individuare i possibili fili di connessione con quel terrorismo col quale ho convissuto mentre crescevo, interpellare tante persone informate sui fatti, tempestare mia madre (Insegnante di Storia e Filosofia molto impegnata) di domande su cosa fosse accaduto nelle scuole negli anni dal '66 al '69. 
In realtà avrei voluto scrivere un pezzo su questo blog, cercando le parole per descrivere le emozioni di una parte della mia generazione (quella degli 'splendidi' quarantenni) mentre assiste alla proiezione del film di Giordana o si appresta alla faticosa lettura dell'instant book di Sofri.
Invece non è possibile.
Non posso scriverne perché a questo punto, dopo essermi documentata (o dopo aver creduto di esserlo), mi sento tragicamente ignorante e, inoltre, percepisco la presenza di strane ombre che aleggiano intorno a ogni mio pensiero. 
Il pezzo lo avrei voluto intitolare CoscienzAcritica: la A di anarchia, già. 
Ma come conoscere e riconoscere e comprendere oggi quegli aspetti della realtà anarchica milanese che mi sono sempre sfuggiti per lunghi anni?
Allo stato attuale di conoscenza dei fatti mi accorgo di essere in grado di scrivere solo un elenco di domande inquietanti da rivolgere a chi in quel periodo aveva superato l'adolescenza. 
Eppure, come si usa dire, credevo appunto di essermi documentata. 
E' che il 'documentarsi' in questo guazzabuglio storico e politico, come dice David Bidussa, non basta affatto né a conoscere né a comprendere.

lunedì 12 marzo 2012

Caro inconscio, ti scrivo. Scrivere del non riuscire a scrivere


Confusione a profusione.
Devo scrivere, voglio scrivere.
Invece la mente non riesce a concentrarsi per più di tre minuti sulla stessa cosa.
Nell'anima frammentata si affastellano immagini, pensieri, idee, fantasie, ricordi di un passato interamente sospeso, visioni future da reinventare.
Il cuore ha smesso di far sentire il suo battito da oltre un anno.
Sulla fiducia so che continua a onorare in silenzio il lavoro fondamentale a tenermi in vita.
Se solo si degnasse, qua e là, di tornare a offrirmi qualche segnale musicale della sua presenza...
Se soltanto fosse così generoso da regalarmi un battito sonoro, forse saprei come uscire da certi stati di confusione che all'improvviso s'impossessano del mio spazio vitale, impedendomi di scrivere.
Prima del 2011 non ho mai vissuto col cuore in letargo.
Trovarmi a fare i conti con questa inedita condizione mi rende stancamente instabile.
Inciampo di continuo.
Mi riempio di lividi mentre scontro per distrazione contro spigoli materiali.
Mi aggroviglio dentro matasse di ostacoli immaginari.
Il senso della prospettiva è alterato, la bussola funziona a rovescio.
Per fortuna ho a disposizione molte risorse terapeutiche.
Ascolto un bel pezzo musicale e la vita viaggia in bellezza anche a cuore spento.
Leggo, cammino, salgo in moto, vado al mare, pratico yoga, scruto le ardesie di Genova dal terrazzo, litigo con la gatta, qualche volta parlo da sola, certe volte canto a squarciagola gli U2 sovrastando la bella voce di Bono.
Tanto non dò fastidio a nessuno: qui nel cuore della città vecchia, osare lamentarsi è impensabile.
Ché, per dirne una delle più frivole, i miei vicini interisti-genoani sono soliti deliziarmi la domenica mattina con un repertorio neo-melodico da far invidia a Tony Bollore e Mimmo Calore.
Per assurdo sto scoprendo che quando non riesco a scrivere, l'unico rituale denso di potere taumaturgico, è scrivere di non riuscire a scrivere.
Da un lato la faccenda può apparire persino divertente (almeno nei suoi risvolti ironici).
Osservata da un'angolatura meno casuale, in sincerità, mi getta in allarme.
Non voglio ipotizzare che la nevrosi si stia a poco a poco impossessando delle mie facoltà mentali - quindi delle mie energie creative - a tal punto da ricattarle inconsciamente.
Perciò, mentre scrivo del non riuscire a scrivere, invoco l'unione tra consapevolezza e inconsapevolezza del mondo del caos.

Caro inconscio, ti scrivo
Per potente che tu sia, mi ipnotizzi ma non mi terrorizzi
Ti invito a ballare All I Want is You
Seguimi
Tira fuori rabbia e dolcezza
Per favore
Tuffati con me alla ricerca del battito perduto

mercoledì 8 febbraio 2012

L'anima in sé non conosce disastri



L'anima in sé non conosce disastri.
Siamo noi a provocarli nell'intento di controllare l'incontrollabile.
Oppure quando non accettiamo il lato misterioso del destino.
Se si inciampa nel delirio di onnipotenza, che poi è l'altra faccia del senso d'impotenza, si combinano grossi guai. 
Si genera sofferenza inutile, magari con il semplice desiderio di ritagliarsi spazi delimitati di contentezza o di felicità.

Succede se non si riesce a pensarsi interi.
Facendosi in tanti pezzi si può credere (per lo più inconsciamente) di vivere al meglio le relazioni.
Errore diabolico.
In realtà, proprio frammentandosi, si ottiene il risultato di inaridire i rapporti più profondi, tradendo se stessi e la propria anima.
Quasi sempre, nel procedere con questa modalità, si è infedeli con le persone più care e al contempo l'inautenticità s'impadronisce in modo silente del nostro essere.

Non è quindi l'anima a combinare disastri.
Semmai l'incapacità di accogliere le inevitabili contraddizioni che derivano dal nostro essere perennemente bisognosi di riconoscimenti amorosi.
L'aggressività passiva non è una buona risposta alle difficoltà del rapporto con le persone amate.
Illudersi di prevenire i conflitti, o credere di poterli evitare alla radice, è spesso un modo involontario per renderli invisibilmente permanenti.

domenica 1 gennaio 2012

Titoli per giocare 2


Come nel giugno scorso sono di nuovo in compagnia di quattro titoli perfetti per il gioco della scomposizione e ricomposizione dei rimandi.

1Q84, Murakami Haruki
Variazioni selvagge, Hélène Grimaud
Le linee d'ombra, Amitav Ghosh
Vivere stanca, Jean-Claude Izzo

Questa volta incredibilmente ne esce fuori una frase unica, dal suono misterioso.

Vivere variazioni d'ombra 1Q84 stanca le linee selvagge

Per un inizio non senza indizio.
Per il nuovo giro di giostra tutto da reinventare.

Passaggi musicali


 10 JANIS JOPLIN
    Little Girl Blue
  9 NICK DRAKE
    Northern Sky
  8 NINA SIMONE
    Wild is the wind
  7 JEFF BUCKLEY
    Sweet thing
  6 CASSANDRA WILSON
    Blue light 'til dawn
  5 PRINCE
    Don't play me
  4 TRACEY THORN
    You are a lover
  3 ELVIS COSTELLO
    Poor fractured atlas
  2 JOAN AS POLICE WOMAN
    Sweet thing
  1 TOM WAITS
    Kiss me

  0 JOHN W. COLTRANE
    Lazy bird